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The Money and Finance Research (Mo.Fi.R.) group was established in 2007 on the initiative of Pietro Alessandrini, Michele Fratianni and Alberto Zazzaro. The aim of the group is investigating, from both the empirical and theoretical points of view, the evolution of the financial system as the collection of financial institutions, intermediaries and markets and understanding the real consequences of that evolution for the development of the economic system at the regional, national and international levels. This mission is fulfilled through a variety of activities, including sponsored research, seminars, conferences carried out by a bulk of economists from the Department of Economics of the Università Politecnica delle Marche in cooperation with researchers from other universities, post-doc research fellows, PhD students and graduate students.

venerdì 29 ottobre 2010

Il dollaro e il “cane di razza” di Keynes


In periodi di grave crisi finanziarie, come quella che stiamo vivendo,  si torna alla storia per fare confronti e trarre insegnamenti. I due eventi più gettonati del secolo scorso sono la grande crisi degli anni Trenta e l’accordo monetario di Bretton Woods (BW) del 1944. In entrambi i casi, si riscopre il pensiero di Keynes, che dette un apporto di idee costruttivo alla politica del New Deal e alla riforma del sistema monetario internazionale varata a BW. In quella occasione Keynes fu un perdente consenziente. Con pragmatismo propose alla Camera dei Lords l’approvazione dell’accordo, usando la metafora del “cane bastardo”, meno bello, ma più robusto e servizievole di un “cane di razza”. Il “cane bastardo” che nacque a BW ratificava l’ascesa internazionale del dollaro e il declino della sterlina. Prevalse la moneta del paese dominante, che sommava diverse leadership: tecnologica, commerciale, finanziaria, politico-militare e, quindi, anche monetaria. In cambio dei privilegi della sovranità monetaria, gli USA si impegnarono a fornire il “bene pubblico” di stabilizzare il valore del dollaro, rafforzato dalla garanzia della convertibilità in oro.

Nei successivi decenni, è avvenuto il progressivo deterioramento di questi requisiti. Gli USA hanno accumulato ingenti deficit nelle partite correnti. Sono diventati il maggior debitore del mondo. I paesi creditori si sono alternati, fino alla situazione attuale che vede la Cina come principale creditore. Il valore del dollaro, non più convertibile in oro, è sostenuto dalla convenienza di molti paesi creditori a non rivalutare le proprie monete e degli USA a riaffermare la stabilità del dollar standard. Gli aggiustamenti del cambio si sono scaricati sull’euro, nonostante  sia la moneta dell’area meno squilibrata negli scambi internazionali. Benché indebolito nei fondamentali, il dollaro appare ancora indispensabile. Un tracollo analogo a quello della sterlina del 1930 avrebbe gravi conseguenze: alti tassi di interesse, recessione mondiale, tentazioni protezionistiche. Non esiste una moneta leader alternativa: non l’euro, né lo yen e, tanto meno, lo yuan.
Il sistema monetario internazionale si regge su un equilibrio instabile. Prevale una situazione di stallo, nella quale non operano i correttivi di mercato, perché i necessari aggiustamenti dei tassi di cambio sarebbero insostenibili. Né operano in modo costruttivo le banche centrali, che attuano di fatto una cooperazione passiva di sostegno delle debolezze delle monete che gestiscono. L’eccezionale gravità della crisi finanziaria in corso, originata negli USA e propagatasi a livello mondiale, ha messo in evidenza la fragilità del sistema finanziario globalizzato senza regole adeguate. Resta da chiarire perché lo tsunami finanziario non abbia travolto le monete. Questo alimenta l’ottimismo di chi ritiene che la crisi, per quanto grave, possa essere superata senza sostanziali cambiamenti nell’ordine monetario internazionale. A crisi già avviata, Bernanke ha riconfermato la piena fiducia nella leadership finanziaria degli USA e ha ribadito la tesi dell’eccesso di risparmio cinese come principale causa dei deficit esterni americani. Il presidente della Fed ha così inteso responsabilizzare i paesi creditori all’onere dell’aggiustamento: obiettivo che, va ricordato, era alla base del piano Keynes e che a BW gli USA a parti invertite, da paese creditore, avevano respinto.
Condividiamo il punto di vista di chi ritiene che il sistema monetario sia esposto a pericolose crisi di fiducia sui tassi di cambio, con gravi conseguenze sull’ordine economico e politico mondiale. La difesa passiva dello status quo può allontanare i problemi, ma non li risolve. La crisi finanziaria attuale va interpretata come un forte campanello di allarme. Si aggiunge con gravità crescente ai ricorrenti segnali di fragilità avvicendatisi a partire dagli anni Sessanta quando il problema di introdurre una moneta internazionale alternativa al dollaro era già sul tappeto. Le risposte che vennero date furono inefficaci, come i Diritti Speciali di Prelievo, o irrealizzabili, come il Substitution Account negli anni Settanta. Prevalsero soluzioni tampone a sostegno del dollar standard.
Riteniamo sia giunto il momento per riprendere in considerazione il “cane di razza” del piano Keynes, che a BW aveva anticipato i tempi rispetto ai rapporti di forza allora prevalenti. La introduzione di una moneta sovranazionale, non sostitutiva ma complementare alle monete nazionali (dollaro in primis), che garantisca il multilateralismo dei rapporti di credito-debito tra paesi presso una stanza di compensazione internazionale e la distribuzione simmetrica degli oneri di aggiustamento, sono i principi-cardine del piano Keynes. Questi possono offrire un innovativo punto di riferimento per stabilizzare il sistema monetario internazionale. L’iniziativa può nascere da un accordo cooperativo bilaterale tra Fed e BCE. Le due principali banche centrali cedono alla stanza di compensazione valori equivalenti di propri titoli di stato a breve in cambio di depositi in nuova moneta sovranazionale, che offre il vantaggio di una moneta paniere. Il rischio di cambio viene così ridotto dall’effetto compensativo degli attivi denominati in dollari ed euro acquisiti dalla stanza di compensazione. La nuova moneta sovranazionale offre uno strumento meno rischioso per le riserve delle banche centrali. In particolare, la banca centrale cinese potrebbe usufruirne e, in prospettiva, potrebbe essere incentivata ad entrare nel sistema compensativo multilaterale. La Cina, attualmente sottorappresentata negli organismi internazionali, potrebbe assumere un peso corrispondente al suo crescente potere economico. Questo sistema può essere istituito presso il FMI, che recupererebbe un ruolo attivo di sorveglianza multilaterale sulle posizioni di credito e debito dei paesi aderenti. 
E’ tempo di sostituire il “cane bastardo” con  uno di razza nella nuova BW. 

Pietro Alessandrini e Michele Fratianni
Apparso su Il Sole 24 Ore con il titolo “Monete, l’ora del cane di Keynes”, 12 novembre 2008.


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