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The Money and Finance Research (Mo.Fi.R.) group was established in 2007 on the initiative of Pietro Alessandrini, Michele Fratianni and Alberto Zazzaro. The aim of the group is investigating, from both the empirical and theoretical points of view, the evolution of the financial system as the collection of financial institutions, intermediaries and markets and understanding the real consequences of that evolution for the development of the economic system at the regional, national and international levels. This mission is fulfilled through a variety of activities, including sponsored research, seminars, conferences carried out by a bulk of economists from the Department of Economics of the Università Politecnica delle Marche in cooperation with researchers from other universities, post-doc research fellows, PhD students and graduate students.

mercoledì 10 novembre 2010

Considerazioni sull’intervento di Draghi

L’intervento di Draghi, che riprende e aggiorna diversi spunti di metodo e di pensiero di Giorgio Fuà nell’occasione del decennale della sua scomparsa, offre una importante occasione di riflessione e di discussione, che nel nostro Mofir-blog intendiamo aprire a chiunque sia interessato a dare un contributo.
Una affermazione chiave del suo ragionamento è nella frase:
“la ricchezza è il frutto di azioni e decisioni passate, il PIL, legato alla produttività, è frutto di azioni e decisioni prese guardando al futuro. Privilegiare il passato rispetto al futuro esclude dalla valutazione del benessere la visione di coloro per cui il futuro è l’unica ricchezza: i giovani”.
Si tratta di una frase ad effetto che, soprattutto se isolata dal contesto, può apparire contradditoria. Per almeno tre motivi:
1)      se si resta nell’ambito delle grandezze contabili, tra ricchezza e PIL ci sono strette interrelazioni stock-flussi, che passano attraverso la formazione del risparmio, che è una componente del PIL e determina accumulo di ricchezza: a questo livello di analisi non sembra si possa fare la distinzione ricchezza-passato e PIL-futuro
2)      se si entra più nello specifico, molto dipende da quale ricchezza sia stata accumulata nel passato: fa differenza se si tratta di ricchezza improduttiva che produce rendite (es. seconde case, ricchezza finanziaria speculativa) o di ricchezza produttiva che introduce progresso tecnico, migliora la capacità competitiva, aumenta la produttività; la prima non contribuisce allo sviluppo futuro, la seconda sì
3)      se si allarga la prospettiva al concetto di benessere, più ampio rispetto al PIL, come fa Draghi nel testo riprendendo l’approccio di Fuà, la distinzione passato-futuro applicata alla ricchezza e al PIL appare meno giustificata: per misurare il benessere è necessario tenere conto di indicatori compositi, che includono sia il reddito (quindi PIL) sia la ricchezza, oltre a variabili socio-demografiche; da questo punto di vista, la seconda parte della frase sopra riportata incentrata sul concetto di “valutazione del benessere” entra in contraddizione con l’affermazione che la precede.
Il punto di vista di Draghi si recupera se lo si ricollega alle preoccupazioni del “deludente andamento della produttività” che viene spiegato con i dualismi (tecnologici, dimensionali, territoriali, occupazionali) tipici dello sviluppo tardivo, già segnalati trenta anni fa da Fuà e dalle ricerche del Gruppo di Ancona. Ritardo nello sviluppo italiano che purtroppo permane e si è accentuato negli ultimi trenta anni (si vedano i dati sul calo del PIL pro-capite).
Nel nostro paese il ritardo della ricchezza pro-capite è inferiore al ritardo del PIL pro-capite rispetto agli altri paesi del G7. Parte della ricchezza privata viene però compensata dall’elevato debito pubblico. La ricchezza accumulata è meno produttiva di quanto sarebbe necessario per alimentare la capacità del nostro sistema socio-economico di tenere il passo dei ritmi di sviluppo degli altri paesi. Accumulare ritardo nel tasso di sviluppo (non solo produttivo, ma anche sociale) significa vivere “consumando” la ricchezza, che ammortizza il declino, ma non lo ferma. In questo senso si capisce l’allarme di Draghi per il futuro e per i giovani (che hanno appunto un futuro davanti).
La sua raccomandazione finale è condivisibile: “Dobbiamo tornare a ragionare sulle scelte strategiche collettive, con una visione lunga”. Ma quali scelte, come attuarle, quando avviarle e in quale quadro politico? E’ ancora tutto da definire. Finiremo con il lasciare anche questa eredità alle future generazioni?

Pietro Alessandrini

7 commenti:

  1. La contrapposizione tra ricchezza e PIL che lei professore ha sottolineato, a mio parere dovrebbe essere interpretata più come una contrapposizione tra ricchezza e sviluppo (Draghi, infatti, parla di PIL legato alla produttività). La ricchezza, finanziaria o sociale, produttiva o improduttiva che sia, se non alimentata si esaurisce, si consuma. Da qui il legame con il passato, con la staticità.
    L'Italia degli anni '50 e '60, ad esempio, non era di certo un paese ricco, era uscita distrutta dalla guerra, eppure grazie all'industrializzazione, e quindi grazie a scelte prese “guardando al futuro”, ha sperimentato dei tassi di crescita del PIL molto elevati.
    Questo tuttavia non è stato sufficiente ad assicurare uno stabile ed elevato livello di ricchezza, per lo meno a livello nazionale. Se analizziamo la situazione attuale, ci rendiamo conto di come questa sia stata sperperata con l’attuazione di politiche economiche che “non guardavano la futuro” (basti pensare alle riforme pensionistiche e all’elevato debito pubblico che in parte ne è stato una conseguenza).
    Altri esempi sono la "solita" Cina e l'India. Se questi paesi sono visti come modelli per il futuro, non è di certo per la loro ricchezza, quanto piuttosto per il livello invidiabile di crescita che sperimentano ogni anno (crisi finanziaria a parte).
    Se poi ci riconduciamo al concetto di benessere, la questione diventa alquanto complicata. Probabilmente, se nella creazione di un indicatore composito si dà un peso eccessivo alla ricchezza, e dunque al passato, si ottiene, nel caso dell’Italia, una misura eccessivamente ottimistica. Lo sviluppo sostanzialmente nullo sarebbe coperto dal livello di ricchezza passata (facilmente esauribile) dando una visione distorta ai giovani sul loro futuro.

    Valentina Peruzzi

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  2. Colgo l'invito ad una breve riflessione sulla contrapposizione ricchezza-pil, passato-futuro, oppure ricchezza-passato, pil-futuro. Rileggendo con più calma l'intervento, ho notato, al di là della suddivisione, fornita da Draghi, fra problemi di crescita attuale, benessere e compiti dell'economia politica, la presenza di una prospettiva storica che il Governatore ha voluto fornire, e all'interno di questa prospettiva ha inserito alcuni commenti sulle determinanti dello sviluppo, di cui la principale come sappiamo è lo sviluppo tecnologico, legato al concetto di produttività. La produttività è il cavallo di battaglia di Draghi, e quindi nei suoi interventi è spesso legato al concetto del prodotto interno, come fattore di supporto ad una crescita di quest’ ultimo. Adesso, se il benessere di una nazione non è necessariamente la crescita quantitativa dei beni e servizi consumati, come si concilia questo con la spinta verso la crescita del pil come determinante del futuro? Al di là dei concetti stock e flusso a cui normalmente riconduciamo le categorie ricchezza-pil, e quindi lo stock di ricchezza va accumulato ma anche alimentato, altrimenti si assottiglia irrimediabilmente, il Governatore punta il dito proprio sull'inazione, cioè su una sorta di incapacità di creare un adeguato margine di Pil che alimenti la ricchezza. Spiego meglio quello che ho percepito: visto che siamo ingessati da un debito pubblico che và al di là del nostro pil, non è che siamo diventati un pò incapaci di alimentare la nostra ricchezza? è vero che il risparmio privato è ancora elevato e i debiti privati non sono ai livelli di altri paesi, ma comunque non stiamo andando nella direzione di un avvitamento che compromette il futuro o meglio la futura ricchezza? ecco allora il punto...la strada fatta finora è ok, cioè la ricchezza che abbiamo in cascina è il nostro passato, cioè un punto non svantaggioso da cui a partire, anzi..., ma non possiamo permetterci di dormire sugli allori, perchè l'inazione la consuma (un pò come il fuoco con l'aria...). Quindi...guardiamo al futuro che è il pil...ma non ad una mera e quantitativa creazione di beni e servizi che creano crescita, ma ad un "pil legato alla produttività". L'idea di legare il pil alla produttività restituisce il concetto più dinamico di sviluppo piuttosto che di crescita..sviluppo qualitativo delle quantità prodotte, qualità che influisce e supporta il concetto di benessere. Visto in questa ottica il discorso di Draghi mi sembra logicamente sequenziale nelle intenzioni e nella esposizione e leggendolo così mi sembra colga uno dei nostri innumerevoli atavici problemi nazionali! Ricapitolando: il pil creato con maggiore attenzione non solo alle dotazioni fattoriali ma soprattutto alle modalità con cui questi fattori vanno combinati, e quindi la frase sempre bella di fare cose antiche in modi nuovi, mi sembra essere l'idea presente nella relazione, che lega il pil al futuro. Poi se questo riesce a preservare l'unica ricchezza che hanno i giovani che è proprio il futuro, sembra che tutto il puzzle prende una sua forma ed un suo senso.

    Mario Pepe

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  3. La mia analisi del problema si basa su 3 pilastri:

    1) un analisi statica stock-flussi :

    Il Pil quale valore FLUSSO viene identificato a come un " valore della produzione totale di beni e servizi finali realizzata nel Paese in un determinato periodo di tempo [...]".
    La Ricchezza invece come ogni valore STOCK, rappresenta una grandezza derivante dall'accumulazione di flussi passati che di periodo in periodo alimentano o sottraggono dimensione a tale valore.
    Sotto questa ottica la ricchezza è evidentemente il frutto delle decisioni del passato ma, come valore intertemporale, è orientata verso il futuro.
    Infatti, se le decisioni del passato hanno permesso l'accumularsi di un ingente ricchezza relativa al periodo attuale, ceteris paribus per le decisioni prossime, tale ricchezza sarà disponibile anche in futuro con importanti ripercussioni nel processo decisionale. ( questo è importante per il secondo tipo di analisi del problema)

    Per quanto riguarda il Pil, da quest'ottica è difficile difendere quanto detto dal Governatore Draghi: Il prodotto Interno Lordo è un flusso misurato in un intervallo di tempo ( trimestrale, semestrale, annuale) e seguendo questa linea "contabile" non penso possa essere definiti come " il futuro".

    2) il secondo pilastro si basa sul concentto di interrelazione dinamica tra Ricchezza e Pil:

    che la Ricchezza sia il passato e il Pil sia il futuro può essere difeso se si pensa a ciò che viene chiamato dagli economisti “esternalità”.
    In particolare, l’accumulo di ricchezza passata è evidentemente un volano per la propensione ad un livello flusso di Pil maggiore ( maggiore produttività).
    Anche se con pesi diversi tra le due categorie, questa analisi è valida sia a livello macroeconomico, altrettanto a livello microeconomico se pensiamo al legame tra Ricchezza personale e Reddito da Lavoro ( che come la teoria economica neoclassici ci insegna, non è altro che la produttività marginale del lavoratore)
    A livello microeconomico è facile pensare che il figlio di una famiglia agiata, grazie alla ricchezza accumulata dai suoi genitori, abbia, in termini probabilistici e, almeno inizialmente a parità di conoscenze, maggiori possibilità di raggiungere un reddito futuro maggiore ad esempio grazie ad una futura istruzione più onerosa ma sicuramente di primo livello.
    Il discorso delle differenze economiche personali e le condizioni di realizzazione professionale è un tema delicato che può rischiare anche di cadere nel retorico e che inoltre, con alcuni interventi di welfare come ad esempio le borsa di studio si può cercare di armonizzare. ( … sarebbe interessante sapere l’opinione di Tremonti a riguardo).
    Ma ciò che più conta per questo tipo di analisi sono le implicazioni macroeconomiche di situazioni micro.
    Evidentemente, se la propensione media di accumulo di ricchezza o più realisticamente la possibilità di accumulo diminuisce ( per vari fattori tra cui la minore certezza dei rapporti lavorativi) o meglio ancora tale ricchezza in realtà è ridimensionata da un imponente debito pubblico, la redditività della generazione futura verrà influenzata da tale situazione con conseguenze negative sul futuro PIL. Ecco perché Draghi tratta la Ricchezza come il passato e il Reddito come il futuro, aggiungendo inoltre che: “le caratteristiche dei genitori continuano a pesare molto di più delle caratteristiche personali nel determinare il successo professionale di un giovane”.

    3) il terzo punto è un approfondimento e conclusione dei primi due sopra: "l'inattività" (come la chiama Draghi) mette in pericolo sia il livello di ricchezza accumulata sia la prospettiva di sviluppo futuro, compromettendo evidentemente il benessere delle generazioni future, al di là del tipo di indicatore composito relativo, tranne nel caso in cui il peso del Pil e della ricchezza, rispetto ad altre variabili, risultasse nullo o quasi, ma questo mi sembra un mondo irrealistico.

    Francesco Agostinelli

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  4. A prima vista, l’affermazione chiave di Draghi potrebbe sembrare contraddittoria se si prende in considerazione solo l’aspetto contabile e tecnico della questione, ma a mio parere, essa va letta guardando alla prima parte del suo discorso dove viene esaminata la definizione di benessere e viene inserito il concetto di social capability . Innanzitutto, si cerca di allargare la definizione di benessere non solo al calcolo del Pil ma inserendo anche la ricchezza oppure ampliando l’analisi a indicatori diversi come il livello di istruzione o includendo fattori soggettivi. Considerando un indicatore composto da reddito e ricchezza, il risultato (per l’Italia) è migliore nel confronto con gli altri paesi, rispetto a quello che si avrebbe utilizzando solo il Pil. Nonostante ciò, il governatore della banca d’Italia, risulta, a mio parere, scettico sull’ utilizzo della ricchezza (intesa come risparmi accumulati nel tempo) come fattore che influisce sul livello del benessere; a conferma di questo, Draghi cita subito gli oneri fiscali sul debito pubblico e il fatto che il legame tra i risultati economici dei genitori e dei figli è tra i più stretti nel panorama mondiale. Un passaggio fondamentale è quello dove viene fatto notare che si è passati da innovazioni di processo a quelle di prodotto diminuendo in maniera drastica le opportunità di usufruire di economie di scala. Quello che ha caratterizzato la crescita sostenuta dei paesi industrializzati negli ultimi 50 anni è stata la costante innovazione nel processo e quindi un costante aumento della produttività. In Italia, questa “corrente” si è esaurita già da molto tempo ma non per colpa dei paesi emergenti o del fatto che si vada a produrre all’estero perché il costo della manodopera è minore; il nostro paese dagli anni 80 in poi si è letteralmente “crogiolato” sul mito del miracolo economico italiano degli anni 50; la cosiddetta inattività. Inoltre, c’è la mancanza di social capability e quindi la considerazione di tutta una serie di fattori soggettivi che vanno al di là del solo Pil.
    Riassumendo, nella definizione “finale” di Pil fatta da Draghi, viene inserita tutta una serie di indicatori, sia oggettivi che soggettivi, che sono correlati con il PRESENTE. Ci viene fatto notare che la ricchezza è un fattore che influisce molto, anzi troppo, sulla situazione economica delle future generazioni ma essa è un cattivo indicatore quando si parla di Benessere.

    Edoardo Achilli

    P.S. Agostinelli ma ti pare il caso di postare il commento alle due e mezza di notte!!?!!....ma vai a dormire va!!!!

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  7. a) La ricchezza improduttiva e produttiva, intesa come quantità stock è sicuramente frutto di decisioni politiche passate che mirano, nella maggior parte dei casi, a consolidare equilibri e poteri già esistenti.
    Questa mia visione è confutata dalla storia dell'andamento della crescita in tutti i Paesi in via di sviluppo nelle prime fasi della loro trasformazione da economie agricole e manifatturiere di sussistenza a economie industrializzate e aperte agli scambi internazionali.
    La classe politica tende sempre a non sovvertire gli equilibri precedenti uno sviluppo economico con leggi, agevolazioni e controllando istituzioni preposte per lo sviluppo, ma la crescita del Pil, la scolarizzazione, l'apertura all'esterno, il miglioramento delle condizioni sanitarie creano uno sviluppo più intenso e più equilibrato.
    Il Governatore Draghi mi trova d'accordo perché in un paese come il nostro, gestito da ordini professionali e logge massoniche, chi possiede ricchezza improduttiva tende a controllare anche quella produttiva perché deve solamente difendere la propria da un consumismo aggressivo che ha come strumento il marketing poli-sensoriale.
    La legge dell’interesse sulla capitalizzazione composta, aiuta inoltre la crescita ed il consolidamento della propria posizione.
    A questo punto mi domando, senza una risposta, dov'è la scolarizzazione, la coscienza sociale, e l'aumento della speranza di vita alla nascita che dovrebbero condurci alla necessità di vivere in un mondo più equo?

    b) L'Italia è svantaggiata di per se dalla stessa definizione di PIL avendo una popolazione in età lavorativa (15-64 anni) di molto inferiore a tante altre economie che stanno trainando la crescita mondiale. Il PIL non può essere inteso interamente come futuro, perché nella sua crescita possono benissimo esserci motivazioni di "nicchia", cerco di spiegarmi in maniera più chiara, motivazioni di chi ha già la ricchezza improduttiva, consolidata da scelte politiche passate e vuole mantenere la propria posizione sociale.
    La produttività è l’unica componente che stimola il piccolo lavoratore, a volte per chi svolge mansioni manuali è l'unico motivo di soddisfazione personale ma tutto dipende dalle scelte economiche della classe politica che “dovrebbe” rappresentarci. Penso che Draghi intenda che il PIL è futuro perché è l'unica ricchezza che può essere facilmente destinata, anno per anno, a seguito di una programmazione lungimirante, agli obiettivi e alle esigenze future, mentre seconde case, proprietà terriere, beni di lusso e ricchezza finanziaria speculativa in possesso delle famiglie non è facile da smobilizzare per progetti diversi da quelli dei possessori.
    Non esiste il bene comune, è un'utopia della democrazia, ma sicuramente la crescita di un paese non può essere affidata ad una classe che ha molta ricchezza...
    Maurizio D'Ercoli

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