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The Money and Finance Research (Mo.Fi.R.) group was established in 2007 on the initiative of Pietro Alessandrini, Michele Fratianni and Alberto Zazzaro. The aim of the group is investigating, from both the empirical and theoretical points of view, the evolution of the financial system as the collection of financial institutions, intermediaries and markets and understanding the real consequences of that evolution for the development of the economic system at the regional, national and international levels. This mission is fulfilled through a variety of activities, including sponsored research, seminars, conferences carried out by a bulk of economists from the Department of Economics of the Università Politecnica delle Marche in cooperation with researchers from other universities, post-doc research fellows, PhD students and graduate students.

lunedì 1 novembre 2010

Un diverso approccio alla riduzione del debito: il ruolo del debito interno e delle istituzioni


Sono passati ormai 14 anni dal lancio dell'iniziativa di cancellazione del debito estero dei 40 paesi più poveri e indebitati (Heavily Indebted Poor Countries - HIPC Initiative) e 10 anni dalla grande mobilitazione avviata dalla società civile in occasione dell'anno del Giubileo. Sebbene, a partire dal 2006, molti dei paesi HIPC abbiano visto cancellati gran parte dei propri debiti, lo scenario futuro non è privo di insidie e il mantenimento della sostenibilità del debito pubblico è un obiettivo ancora difficile da raggiungere, come la recente crisi finanziaria globale sta mettendo in luce.

Questa breve nota prende in considerazione due aspetti fondamentali - il ruolo del debito domestico e la valutazione degli effetti della cancellazione del debito - al fine di proporre un approccio alternativo alla riduzione del debito, meno generalizzato e più orientato alle caratteristiche dei singoli paesi.  Per motivi di spazio, non vengono presi in considerazione molti altri aspetti - il debito odioso, la scelta tra prestiti e aiuti, i fondi avvoltoio, l'accesso ai mercati internazionali dei capitali - che mettono a rischio la sostenibilità del debito dei paesi poveri, sui quali si rimanda ad Arnone e Presbitero (2010)[2].


La prima questione che merita di essere affrontata è quella del debito domestico. Il crescente ricorso al finanziamento sul mercato dei capitali interno può essere definita una conseguenza inattesa dell'Iniziativa HIPC: dati i limiti imposti dal programma per finanziarsi sul mercato internazionale dei capitali e gli strutturali deficit fiscali, molti paesi non hanno avuto altra scelta che emettere obbligazioni sul mercato interno. Nel contesto macroeconomico che caratterizza la gran parte dei paesi HIPC - elevata volatilità, instabili politiche economiche e deboli istituzioni - il debito interno è estremamente costoso e può spiazzare gli investimenti e la spesa sociale, indurre una contrazione del credito bancario e limitare, almeno parzialmente, i progressi ottenuti con la riduzione del debito estero. Inoltre, la spesa per interessi sul debito domestico, di molto maggiore rispetto a quella sui prestiti esteri concessi a tassi agevolati, rischia di mettere a repentaglio la sostenibilità del debito pubblico. In Zambia, ad esempio, nel 2004 la spesa per interessi sul debito domestico era pari a cinque volte quella sul debito estero e al 10 percento delle entrate fiscali (inclusi gli aiuti). Soltanto nel 2005 la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno iniziato a tenere in considerazione questo aspetto, includendo - seppur in maniera parziale - il debito domestico nel rinnovato Debt Sustainability Framework.

Al momento, tuttavia, è auspicabile l'adozione di un approccio più ampio che consideri la dinamica dell'intero debito pubblico per derivare le condizioni di sostenibilità che al momento guidano anche le politiche di prestito. A questo scopo è necessario che si investano risorse nella raccolta di dati attendibili, comparabili e dettagliati sul debito pubblico interno dei paesi poveri. Più in generale, questo sforzo deve essere parte di un progetto di ampio respiro che miri a rendere disponibili dati sulla spesa sociale e sulla riduzione della povertà, così da poter valutare l'efficacia della cancellazione del debito.

A questo proposito, va sottolineato che la penuria di informazioni quantitative (soprattutto sugli output piuttosto che sugli input) è una delle ragioni principali che ancora rendono estremamente difficile una valutazione rigorosa dei risultati della cancellazione del debito in termini di miglioramento delle condizioni sanitarie, accesso all'istruzione e riduzione della povertà. I dati disponibili mostrano che, in media, le spese per la riduzione della povertà sono aumentate durante gli anni dell'iniziativa HIPC, sebbene il quadro sia piuttosto eterogeneo - molti paesi sono ancora drammaticamente in ritardo - e ben poco sia possibile sapere sui risultati (si sa che si spende di più in istruzione, ma non si sa se e quanto si è ridotto il tasso di abbandono scolastico). In ogni caso, è opportuno che le aspettative siano riviste al ribasso: date le risorse in ballo (l'intera cancellazione del debito costa poco più di quanto viene speso annualmente in aiuti allo sviluppo), la riduzione del debito non può essere vista come la soluzione per eliminare la povertà o raggiungere gli Obiettivi del Millennio.

Inoltre, una valutazione diretta dell'impatto della riduzione del debito estero nei paesi poveri non mette in luce la presenza di alcuna accelerazione nel tasso di crescita del PIL, né di un boom degli investimenti[3]. Gli scarsi risultati ottenuti sino ad ora possono essere spiegati dal fatto che in molti paesi l'elevato debito estero non è necessariamente il principale vincolo alla crescita economica. Infatti, se da un lato l'evidenza empirica a supporto della curva di Laffer del debito (la relazione per cui, oltre ad una certa soglia, il contributo marginale del debito estero alla crescita diventa negativo) è estremamente debole, dall'altro appare chiaro che un elevato indebitamento ha effetti negativi sulla crescita della produttività e del reddito solo in paesi che implementano politiche economiche prudenti e che hanno buone istituzioni[4]. Al contrario, laddove le politiche sono instabili e il contesto istituzionale è debole, questi fattori sono la causa principale della scarsa crescita, non il debito, che ne è solo un sintomo.

In conclusione, questi due aspetti implicano la necessità di rivedere le politiche di cancellazione del debito secondo una linea che segua un approccio di "diagnostica della crescita"[5]: la riduzione del debito deve essere country-specific e rivolta esclusivamente a quei paesi per i quali il debito pubblico è un vincolo reale agli investimenti e allo sviluppo. Inoltre, le istituzioni internazionali e la società civile dovrebbero passare dal paradigma basato sullo stock di debito estero a un nuovo approccio fondato sul debito pubblico totale e sulla valutazione degli effetti che non solo lo stock di debito, ma anche i flussi di spesa per interessi hanno sulle economie dei paesi HIPC. Data l'importanza del debito domestico e il crescente ricorso al credito commerciale e ai prestiti non agevolati da parte di molti paesi, politiche di prestito responsabili e orientate allo sviluppo dovrebbero tenere conto che la spesa per interessi non può superare una certa quota (fissa o flessibile) del PIL.

Assicurare la cancellazione del debito a paesi con buone politiche e solide istituzioni in un contesto in cui i criteri di eleggibilità siano quantificabili, realistici e pubblici ex-ante sarebbe non solo economicamente efficiente - massimizzando i benefici della riduzione del debito in un periodo in cui le risorse destinate allo sviluppo sono sempre meno - ma fornirebbe anche i giusti incentivi. In quest'ottica, la cancellazione del debito può agire come un meccanismo pull (invece che push) che incentiva i paesi poveri a migliorare le istituzioni e le politiche macroeconomiche. Da questo punto di vista, alcuni risultati preliminari sono incoraggianti e mettono in luce che, dal quando le istituzioni multilaterali sono entrate a far parte del movimento di riduzione del debito, a questo si associato un miglioramento nella gestione macroeconomica e nella governance dei paesi beneficiari. Infine, il supporto della comunità internazionale negli altri paesi HIPC dovrebbe essere orientato a promuovere riforme istituzionali e a identificare ed eliminare i principali vincoli alla crescita economica.

Andrea Presbitero
originariamente apparso su: nelmerito.com


[1] Università Politecnica della Marche - Dipartimento di Economia; MoFiR and CeMaFiR. E-mail: a.presbitero@univpm.it; personal webpage: https://sites.google.com/site/presbitero/  
[2] Arnone, M. and Presbitero, A.F. 2010. Debt Relief Initiatives: Policy Design and Outcomes, (Foreword by Nancy Birdsall, Preface by Ugo Panizza and Afterword by Aart Kraay), Global Finance Series, Farnham: Ashgate. Sul ruolo dei fondi avvoltoio, si veda, su nel merito.com: Arnone e Presbitero (2008)
[3] Presbitero, A.F. 2009. Debt-Relief Effectiveness and Institution-Building, Development Policy Review, 27(5):529-559; Moss, T. 2006. Will Debt Relief Make a Difference? Impact and Expectations of the Multilateral Debt Relief Initiative, Center for Global Development Working Paper, 88; Depetris Chauvin, N. and Kraay, A. 2005. What Has 100 Billion Dollars Worth of Debt Relief Done for Low-Income Countries?, manoscritto, The World Bank. Alcune valutazione preliminari degli effetti della cancellazione del debito in termini di outcome sono presenti in: Primo Braga, C.A. and Domeland, D. 2009. Debt Relief and Beyond: Lessons Learned and Challenges Ahead, Washington, DC: The World Bank.
[4] Presbitero, A.F. 2008. The Debt-Growth Nexus: a Reassessment, Economics: The-Open-Access, Open-Assessment E-Journal, 2(2008-30); Presbitero, A.F. 2010. Total Public Debt and Economic Growth in Developing Countries, MoFiR working paper No. 44.
[5] Hausmann, R., Rodrik, D. and Velasco A. 2005. Growth Diagnostics, manoscritto, John F. Kennedy School of Government, Harvard University.

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